Questa striscia di costa presenta tratti di scogliera ma anche spiagge sparse qua e là. Partendo dalla Riviera degli Haethei, che prende il nome dall’antico popolo proveniente dai Balcani, ci si imbatte nel Fascio, scoglio dalla singolare forma cubica dal quale i più coraggiosi fanno dei tuffi memorabili. In tale zona è presente un fortino.
Andando avanti, si scorge il Faro della Punta, detto anche Faro Bianco, dopo il quale ci si può abbronzare distesi sulla spiaggia Porto Craulo o, più avanti, sul lido Castellana dove, secondo la leggenda, l’eroina di Otranto, Idrusa, amava trascorrere intere giornate a contemplare le onde del mare. Proseguendo, ci si imbatte nel piccolo lido della Staffa e, successivamente, nell’incantevole insenatura chiamata Canale del Càfaro.
Questo tratto di costa è caratterizzato da una serie di calette, baie e grotte. L’insenatura Cattapìgnula, “pipistrello” nel dialetto locale, è provvista di una grotta nella quale abitano numerosi pipistrelli. L’antro è accessibile via mare.
Poco distante, vi è S. Pietro dei Canali, un’altra cala. Sulla sinistra, si nota la masseria Cerra che dà il nome all’intera area. Dopo pochi metri, si apre una rada nominata Grotta Monaca, la più conosciuta da queste parti per i suoi splendidi fondali e per il mare pulito. Secondo alcuni sub tedeschi, avrebbe una profondità di oltre 200 metri.
Andando avanti, si srotola una scogliera che ha dell’incredibile. Località come Sapunerò, Mulino d’Acqua e Imperia attirano milioni di visitatori ogni anno, soprattutto coloro che vi giungono con le barche, visto che tale zona non è accessibile via terra.
La scogliera è a strapiombo sul mare, ma i fondali, ricoperti di sabbia, assumono un colore verde chiaro che fa venire voglia di immergersi.
A destra del Sapunerò, uno spuntone con un’altezza di 15 metri, vi è la Grotta dell’Eremita, nella quale non si può accedere. Proseguendo si giunge al Murrune, un costone suggestivo che deve il suo nome alla vicina masseria.
Continuando, ci si trova di fronte alla torre costiera di S. Stefano, in quella che viene chiamata Baia di S. Stefano. La torre fu edificata a partire dal 1567 dal maestro leccese Paduano Baxi. Sulla sinistra, si nota una grotta, la quale chiude la Rada della Caréula. Addentrandosi nell’entroterra, pinete e macchia mediterranea arricchiscono il paesaggio. Poco oltre, si incontrano i piccoli lidi di Porticeddhi e la splendida caletta di Toraiello.
Più avanti, lo spettacolo ambientalistico si ripete. Si giunge alla Baia o Fossa dei Turchi, chiamata così per lo sbarco, nel 1480, dei Turchi avvenuto proprio in questa rada. L’insenatura comprende una serie di spiagge libere, più o meno grandi, e di un lido attrezzato. Tali arenili, rappresentano la meta preferita dagli otrantini, che si allontanano dal centro abitato nella speranza di trovare un po’ di tranquillità nella confusione dei mesi più caldi dell’anno.
Subito dopo la punta estrema della baia in questione, si giunge alla spiaggia degli Alimini, comprendente una serie di stabilimenti balneari attrezzati, frequentatissimi dai turisti nel periodo estivo. Qui, si possono trovare ogni tipo di divertimenti e di servizi, dai ristoranti agli ombrelloni, dagli acqua-scooter alle discoteche, dai bar alle piscine, ma ci si può anche rilassare nella zona pinetata alle spalle dei lidi. Passeggiando sull’arenile, si arriva al Ponte dei Laghi Alimini, lo sbocco sul mare. I pescatori chiamano tale luogo le “Ucche te la Limini” (Bocche degli Alimini). “Da questo tratto in poi, la costa sale dolcemente e diventa sempre più alta e ricoperta da una bellissima pineta”, scrive Luigi Manni.
Si giunge alla Conca Specchiulla, zona in cui sorgono infrastrutture ricettive di diverso tipo e dove si possono ammirare la Grotta della Funtaneddha, la baia chiamata Pastiddhuzza, la spiaggia S.Giorgio, la Grotta del Macaru. Se ci si vuole bagnare in queste acque, si sappia che il mare non si può raggiungere dall’alto, ma è unicamente accessibile dal lato destro, dove vi è un abbassamento della costa. Proseguendo, ci si ritrova a Torre S. Andrea, che vanta un’insenatura di modeste dimensioni e molto tranquilla. Vi sono due scogli chiamati uno Tafaluro e l’altro Mbrufico, adattissimi per divertirsi facendo tuffi.
Quella finora descritta è tutta la zona che fiancheggia l’azzurro mare Adriatico, tuttavia, se ci si addentra un po’, sulla statale che collega S. Andrea a Otranto, si può ammirare l’intera zona dei Laghi Alimini, patrimonio naturalistico salentino. I due bacini si possono scorgere sulla sinistra e sono circondati dalle fitte pinete e dalla macchia mediterranea. Il Lago Alimini Grande è salato; poco più dietro, Alimini Piccolo o Fontanelle, nasce da fonti sorgive di acqua dolce. E poi via, di nuovo verso Otranto.
Costa Sud
Tale zona è riservata a coloro che amano l’avventura e il rischio, a coloro che non si fermano davanti a niente. Difatti, la costa a sud di Otranto è composta da un lungo tratto di scogliera che digrada sul mare, ragion per cui non è facile da percorrere, al contrario, in alcuni punti, può essere molto pericoloso.
Partendo dal Porto otrantino si prosegue verso sud dove ci si ritrova nella zona Cave. Qui si può visitare, non senza rischi, la Grotta Palombara, chiamata così per la presenza di colonie di piccioni. E’ una grotta preistorica. Proseguendo, sulla destra, si erge la Torre del Serpente o Torre dell’Idro, detta anche Cucurizzo, da sempre simbolo della città. Se si guarda oltre, da questo punto si può vedere la Torre dell’Orte, risalente al 1500.
Si giunge, pian piano, alla Punteddha, la punta finale della Baia Palombara, dove più volte è stata scorta la foca monaca. Procedendo, ci si ritrova alla Baia dell’Orte dove è possibile fare degli splendidi bagni nell’acqua cristallina e immersioni subacquee grazie alla presenza di un centro per sub. In mezzo alla baia si colloca la piccola spiaggia Porto Grande, facilmente raggiungibile via mare. Da segnalare la presenza di alcune grotte, come la Grotta della Piscina e la Grotta del Pastore o della Pecora.
E finalmente si può vedere, in tutta la sua imponenza, il Faro della Palascia, recentemente ristrutturato, situato nel punto più orientale d’Italia. Doppiando il capo, oltrepassati gli scogli di Punte Galere, ci si ritrova all’isoletta di S. Emiliano vicina alla costa, punto di riposo degli innumerevoli gabbiani che abitano queste zone. Se si alza lo sguardo si può ammirare la Torre di S. Emiliano, su una collina sul mare. Fu edificata nella prima metà del ‘500 e, in origine, aveva vicino una chiesa intitolata al santo.
Proseguendo, si giunge alla Grotta dei Cervi, purtroppo non visitabile. Scoperta nel 1970 da cinque soci del gruppo speleologico “Pasquale De Lorentiis” di Maglie, la grotta conserva tracce della civiltà neolitica. Tale complesso, rappresenta la più importante realtà di arte preistorica esistente sul territorio italiano.
Il porticciolo di Porto Badisco, dove si pensa sia approdato Enea, attira la curiosità dei visitatori per la sua bellezza e per il suo mare pulito. Ce n’è per tutti i gusti: sabbia e scogli. Sul versante sinistro della baia, vi è l’antico Cunicolo dei Diavoli e la Grotta Galleria, un passaggio sotterraneo. Più avanti c’è la Grotta di Enea. Ritornando verso Otranto, dalla strada statale si possono scorgere le innumerevoli testimonianze salentine di costruzioni a secco: furneddhi o paiari e muretti. Sulla sinistra, quasi in linea con la torre di S. Emiliano, si nota la masseria fortificata di Cippano, una delle più belle del Salento. Risalente al tardo Cinquecento, era compresa, insieme alle torri, nel sistema difensivo di Terra d’Otranto della fine del Medioevo. E’ dotata di un piano rialzato e di alcune caditoie di difesa. Dopo pochi chilometri, si giunge a Otranto.
Otranto, S.Nicola di Casole, Casamassella, Giurdignano-Centoporte
Prendendo la litoranea a sud per Santa Cesarea Terme, a circa 4 Km dal centro abitato, prima del radar, sulla destra, si scorge un viale alberato alla fine del quale vi sono i resti del monastero di S. Nicola di Casole, celebre cenobio basiliano risalente al 1098.
L’area, di proprietà privata, comprende oggi una masseria, nella quale sono presenti i ruderi dell’antica abbazia, che iniziò il suo inesorabile declino dopo la conquista di Otranto da parte dei Saraceni nel 1480. “Il monastero di Casole esercitava la sua autorità e imponeva le sue regole su molti conventi basiliani di Terra d’Otranto e di altre province e sulle laure cenobitiche sparse su tutta la superficie dell’antica Calabria”, scrive Antonio Costantini. Ancora oggi si possono notare alcune colonne incastonate nelle murature, ma non ci si deve aspettare di più.
Dall’aia della masseria parte un rettilineo lastricato lungo quasi un chilometro. E’ parte di un’antica strada che, nel passato, congiungeva il monastero alla vicina Uggiano la Chiesa. Dopo averla interamente percorsa, girando a destra e poi a sinistra, si nota la Masseria Montelauro, oggi un albergo di lusso. Tali vie, pur non asfaltate, sono percorribili con l’auto. Immettendosi, così, nella S.S. 173 che collega Otranto con Uggiano, si svolta per uno svincolo che conduce a Casamassella, una frazione di Uggiano. In tale paese, in piazza, svetta il palazzo baronale appartenente, in tempi lontani, alla nobile famiglia De Marco, feudatari di Lequile, Vaste, S. Cassiano e di Morcone.
Si prosegue per Giurdignano dove si dovranno seguire le indicazioni per il sito Centoporte, il quale si trova sulla strada che riconduce a Otranto. Prima di immetterci nella Statale 16 Maglie-Otranto, si scorgono, ben visibili perché situati su una piccola altura, i resti di Centoporte o Cento Caselle. E’ una chiesa risalente all’XI-XII secolo. Affiliata all’abbazia di S. Nicola di Casole, aveva una pianta basilicale a tre navate separate da dieci pilastri e un’abside. Oggi possiamo solo ammirarne i ruderi, ma, in passato, tale luogo di culto fu molto importante. Una volta immessi sulla Statale, si può ritornare ad Otranto.
Valle dell'Idro
Il fiume Idro dà il nome alla zona che si estende dal centro di Otranto verso ovest. Il ruscello otrantino scende verso il mare da Monte S. Angelo, il quale ospita una grotta bizantina dedicata a S. Angelo.
Il paesaggio si presenta ricco di colture e di una vegetazione rigogliosa, perfetto per lunghe passeggiate. I terreni della zona sono molto fertili e i contadini vi coltivano alberi da frutto, ortaggi e verdure di ogni tipo.
Ciò è anche reso possibile dalla presenza di pozzi. “Ci sono molte sorgenti e fonti di acqua purissima che scorrono tra le piante di alloro e di agrumi e, cosa rara in questa regione, si trovano molti pozzi di profondità tanto modesta che puoi attingere l’acqua con una mano”, scriveva il Galateo nel XVI secolo. Il fenomeno rupestre è molto evidente anche qui, come nella Valle delle Memorie. Se si considera, poi, che una volta la Valle dell’Idro giungeva fino alla zona degli Alimini, in passato paludosa, si può affermare che esisteva già in epoca precedente all’impaludamento, che, con molta probabilità, risale agli anni successivi al sacco di Otranto del 1480. Nel sito si possono scorgere diverse grotte di varia grandezza e forma. “Il percorso del fiume Idro o Canale di Carlo Magno possiamo definirlo l’itinerario della civiltà rupestre”, scrive Antonio Costantini. Soprattutto tre gruppi di grotte colpiscono l’attenzione dei visitatori. Il primo gruppo si trova all’ingresso della vallata, sul lato sinistro, ed è formato da una sequenza di grotticelle. Alcune di esse sono composte da due vani, uno più grande all’entrata e un altro più piccolo nella parte posteriore. In tutti gli antri si notano delle iscrizioni greche, delle nicchie a ripiano e, nella zona prospiciente, una cisterna. Nel secondo gruppo, sito alle pendici di Monte Lauro Vecchio, le grotte si presentano a diversi livelli. La planimetria è costituita da un vano più grande rispetto agli altri, una nicchia e altre tre a ripiano.
Si notano, altresì, dei graffiti sulle pareti che raffigurano croci latine, mani, guerrieri turchi, velieri. Il terzo gruppo si trova alle pendici di Monte S. Angelo. Trattasi di un vero e proprio villaggio rupestre comprendente stalle, abitazioni e luoghi di culto. Molto interessante è la Grotta di sant’Angelo, chiamata così per via dell’immagine presente nel vestibolo rettangolare dell’antro che vede ritratto l’Arcangelo Michele. Nei tempi antichi, le pareti del sito erano interamente affrescate, ma oggi rimane ben poco da vedere. “La pianta di questa chiesa-cripta presenta un Naos e un Bema separati da un iconostasi litoide a tre fornici”, ci dice il Costantini. Purtroppo, tale luogo versa oggi in uno stato di abbandono, tuttavia non ha perso il suo fascino originario. Nei pressi della Masseria S. Barbara, lungo la fiancata nord della valle, sul Monte Piccioniere, si può notare un tratto di muro megalitico sul quale sono ancora visibili alcune incisioni che riproducono imbarcazioni diverse. Si può fare ritorno a Otranto attraverso la Statale 16.
Valle delle memorie
Nella periferia sud di Otranto, nella zona che viene chiamata Minerva, si segnala la Valle delle Memorie, definita così perché vanta la presenza di numerosi siti storici. Le ultime case prima della campagna, mostrano, oltre alle parti di recente costruzione, anche delle pareti di roccia che evidenziano un insediamento rupestre preesistente.
Per orientarsi meglio, sarà bene seguire le indicazioni per Torre Pinta. Ci si ritrova così in una vallata tra Monte Lauro e Monte Ferro, dove si coltiva la tipica cicoria otrantina.
Proseguendo, su un’altura ricca di ulivi, si può scorgere la Masseria di Torre Pinta, oggi un agriturismo. E’ uno dei luoghi più antichi della regione. Entrando, un corridoio, lungo 33 metri, dalla volta bassa e a botte, introduce nel sito a pianta a croce latina. Nell’area centrale, il soffitto si apre verso il cielo ed è sormontato da una torre di forma cilindrica. Tutte le pareti sono ricoperte da nicchie scavate nella roccia. La sola certezza circa l’utilizzo di questo luogo nei secoli addietro, è il fatto che esso fu una torre colombaia. Si pensa risalga all’epoca romana.
In tutta la valle si notano, lungo le pareti rocciose, non poche cellette. Ciò testimonia la presenza, nel passato, di uomini che si rifugiavano in questa zona per sfuggire alle incursioni via mare dei predoni. Il fenomeno rupestre in quest’area è molto presente. Si ha la convinzione che la vallata fu abitata da una comunità rurale probabilmente subordinata all’abbazia di S. Nicola di Casole.
Le grotte presenti mostrano delle tipologie differenti. Talune hanno una pianta rettangolare e totalmente aperte nella parte anteriore, altre ricordano le grotte preistoriche riutilizzate dai frati nel periodo bizantino, somiglianti alle tombe sicule a forno dell’età del Bronzo. Ve ne sono, poi, delle altre che palesano un impianto planimetrico costituito da più stanze circolari. In tale zona, vi è un altro insediamento molto più complesso: la cripta di S. Nicola. Vi si accede da tre ingressi frontali e da un’entrata laterale. Non è affatto facile scorgere tale sito perché coperto dalla vegetazione. La Valle delle Memorie è una realtà suggestiva sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista naturalistico.
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